Il Coronavirus NON è stato creato in laboratorio

E’ tornata di nuovo in auge la teoria che vorrebbe che il #coronavirus sia stato creato in laboratorio e contenga pezzi del virus dell’AIDS (HIV). A sostenerlo anche un premio Nobel e a rilanciarlo perfino la RAI, quindi merita una risposta.

La risposta è NO.

La prima domanda che dobbiamo porci è: ci sono nuove pubblicazioni scientifiche (il riassunto delle puntate precedenti lo trovate qui: https://www.facebook.com/biotecnologi.italiani/posts/2990950470926602) che portino dati nuovi rispetto a quanto già sapevamo? NO.

Cosa sappiamo dunque? A fine gennaio è stato reso pubblico un lavoro (questo: https://www.biorxiv.org/…/10.1…/2020.01.30.927871v1.full.pdf) che sosteneva che ci fossero pezzi di HIV dentro il SARS-CoV-2 (questo è il lavoro citato in questi giorni). L’articolo è stato FATTO A PEZZI e RITIRATO (quel withdrawn sul testo vuol dire proprio ritirato) perché guardando questi presunti pezzi (sequenze) di HIV si è visto che erano frammenti così piccoli che in realtà non erano caratteristici di HIV, ma si trovavano un po’ dappertutto, dalle scimmie (Rhinopithecus roxellana) alla muffa di casa (Stachybotrys chartarum).

Se non ci credete e volete cimentarvi, in figura vi abbiamo dato tutte le istruzioni per “interrogare” i database con tutti i dati di sequenza oggi disponibili e vedere con i vostri occhi quanto fosse fuori strada quell’articolo.

Il lavoro di verifica (perché nella scienza non si prende nulla per oro colato) è stato pubblicato il 4 febbraio qui: https://www.tandfonline.com/…/full/10…/22221751.2020.1727299. Il titolo dice già tutto: L’HIV non ha contribuito al genoma del SARS-CoV-2.

Il 17 marzo è uscito inoltre un nuovo articolo, che abbiamo già citato (questo: https://www.nature.com/articles/s41591-020-0820-9) che spiega chiaramente CHE e PERCHE’ il genoma del SARS-CoV-2 NON E’ ARTIFICIALE.

In conclusione, anche se una sciocchezza viene detta da un Premio Nobel questa resta una sciocchezza (specie se cita dati ritirati o confutati da pubblicazioni successive più complete). Nella scienza vincono sempre i dati. Possono essere incompleti, imperfetti, interpretabili, ma costituiscono il punto di partenza fondamentale di ogni discussione. Quindi, chiedete sempre le prove.

I dati sono formidabili per falsificare ipotesi farlocche come, in questo caso, la presenza di sequenze di HIV in SARS-CoV-2, anche se pronunciate da Premi Nobel o da scienziati che, nonostante i titoli o una storia gloriosa, vengono meno al rigore del metodo scientifico, che vorrebbe che le ipotesi prima di essere sparse ai 4 venti venissero verificate sperimentalmente.

Quante analisi per Covid-19 si fanno in Italia ogni giorno?

Tamponi. Tutti adesso vogliono fare più tamponi. Giusto. Ma si può fare? La domanda è legittima, ma merita di essere accompagnata da una seconda domanda, altrettanto importante: ha senso farle?

La risposta (come sempre) non è banale. Proviamo a capirlo assieme.

Innanzitutto dividiamo in 2 il problema.

Cosa significa “fare” un tampone?

Spesso quando si parla di tamponi si fa riferimento genericamente alle analisi per rilevare la presenza del SARS-CoV-2. Vediamo allora cosa serve per fare queste analisi.

  1. Il tampone. Si tratta dei contenitori che servono alla raccolta e trasporto del campione. (come questo: https://products.copangroup.com/index.php/products/clinical/utm) Di tamponi ne abbiamo a volontà. Possiamo raccogliere anche 1 milione di tamponi a settimana.
  2. Il protocollo di raccolta. Si rifà a quanto codificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/technical-guidance . Richiede accorgimenti di sicurezza elevati, ma è fattibile. Oggi sono autorizzati i medici o gli infermieri. Se però scarseggiasse personale per effettuare i prelievi si potrebbe pensare di formare personale ad hoc in brevissimo tempo.
  3. L’analisi vera e propria. Per fare l’analisi serve uno strumento particolare, si chiama RT-PCR, e costa circa 10-15.000€, ce ne sono anche a prezzi inferiori o, se si vuole il top, si può arrivare fino a 90.000€. Qui trovate un elenco di strumenti: https://www.biocompare.com/PCR-Real-Time-PCR/22353-Real-Time-PCR-Thermal-Cyclers-Thermocyclers/ .

La caratteristica che salta all’occhio è che accanto a quasi tutti gli strumenti si trova la scritta: 96 wells (96 pozzetti). Quello è il numero di analisi simultanee che può fare. In circa 1 ora e mezza. Poiché servono circa 2 ore per preparare i campioni all’analisi, si può pensare che ciascuna macchina possa effettuare fino a 4 analisi al giorno per un totale di poco meno di 400 campioni.

Quante macchine da RT-PCR ci sono in Italia?
Diverse migliaia.

Basta quindi metterle in rete per fare 500.000 analisi al giorno? No.

Sebbene molti laboratori, aziende, centri medici dispongano di strumentazione idonea all’analisi non tutti sarebbero in grado di offrire un servizio adeguato a garantire non solo la qualità del risultato e il rispetto delle norme previste per i dati sanitari, ma nemmeno la sicurezza dei propri ricercatori/dipendenti che devono effettuarlo.

Ecco perché, per essere accreditati o autorizzati a svolgere analisi e rilasciare referti (in generale), i laboratori devono dimostrare di possedere tutta una serie di requisiti che li rendono idonei a garantire queste cose.

Questo non è un problema però, di laboratori già accreditati e autorizzati ce ne sono davvero tanti e molti di loro hanno già lo strumento. Questo significa che su scala nazionale avremmo una potenzialità teorica di analisi per Covid-19 stimata in circa 150.000 analisi/giorno.

Perché non le facciamo?

Il motivo principale è perché abbiamo costruito un sistema sanitario per un tempo di pace. Fatto di compartimenti stagni in cui ciascun laboratorio ha la sua specialità e le analisi che può e non può fare. Adesso, come dimostra la figura, ci siamo accorti che non è sensato mantenere una struttura così rigida in tempi di guerra come questi, e che tenere fermi laboratori che potrebbero fare centinaia o migliaia di analisi al giorno solo perché afferenti a branche specialistiche non autorizzate a farle dalla legge è drammaticamente stupido. Per questo, già da alcune settimane regioni come Lombardia e Veneto stanno lavorando per coinvolgere più laboratori possibili nello sforzo e il risultato si vede. E si vedrà sempre di più nei prossimi giorni, man mano che i diversi laboratori supereranno i ring test (cioè dimostreranno di essere in grado di dare risultati affidabili).

Veniamo ora alla seconda domanda: ha senso fare analisi a tappeto? La risposta è no. Ogni territorio vive uno stadio diverso dell’epidemia ed è compito (e responsabilità) degli epidemiologi decidere come sfruttare al meglio questa capacità analitica crescente, ma ancora insufficiente a coprire la richiesta. Così come in diverse aree è insufficiente la capacità del sistema sanitario di dare risposte adeguate a tutti coloro che ne hanno bisogno.


NOTA BENE: una nota finale non secondaria. Per fare queste analisi servono anche dei reagenti chimici. Molti di questi non sono prodotti da aziende italiane e il rischio di rimanere a secco è reale. Per questo si sta già lavorando su nuovi protocolli “fatti in casa”, ma ci insegna che non si può pensare di affrontare crisi come questa da soli se non si dispongono delle risorse per farlo.

Si muore CON o PER Coronavirus?

Quanti morti sta facendo davvero il #coronavirus? Stiamo davvero contando i morti PER #Covid19 o stiamo solo vedendo i morti CON Covid-19? E comunque, rispetto a quelli di una “normale” influenza sono di più o di meno?

In breve: Covid è direttamente responsabile dei molti morti che vediamo. Questi morti inoltre superano, e di gran lunga, quelli tipici di una normale influenza.

Proviamo a vedere in dettaglio perché. In Italia esiste il “sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera” (Sismg). Questo sistema ha il compito di monitorare, in tempo reale, il numero di decessi giornalieri (per qualunque patologia) nella popolazione (65+ anni), e di segnalare eccessi di mortalità per consentire di attivare in tempi brevi interventi di risposta ad eventuali emergenze. Ovviamente non raccoglie i dati di tutto il territorio, ma lo fa su di un campione di 19 città che complessivamente rappresentano il 20% della popolazione nazionale (tutte le informazioni sono a questo link: http://www.salute.gov.it/…/cal…/dettaglioContenutiCaldo.jsp…)

Questo sistema ci permette di guardare i dati sulla mortalità giornaliera attesa (linea verde), calcolata sulla base dei decessi registrati negli ultimi 5 anni, e di confrontarli con i dati che di settimana in settimana vengono comunicati dai comuni che partecipano al monitoraggio (linea rossa). In figura trovate il risultato.

Alcune note e considerazioni:

1) Innanzitutto l’influenza di quest’anno non è stata molto aggressiva.

2) Prima dell’inizio dell’epidemia di Covid-19 (settimana 9 – fine di febbraio) la mortalità registrata era al di sotto di quella attesa.

3) Già alla 10ma settimana (prima di marzo) si vede come la curva della mortalità registrata cambi pendenza e superi quella attesa, pur restando ancora nell’intervallo di confidenza.

4) Con l’11ma settimana (seconda di marzo) la curva della mortalità esce definitivamente dalla normalità e si presenta come una vera e propria anomalia registrata dal sistema. Questo significa in modo inequivocabile che NON stanno morendo persone che sarebbero comunque morte e che, malauguratamente, sono anche risultate positive al SARS-CoV-2. Significa che, come avevamo già avuto modo di notare leggendo i bollettini dell’Istituto Superiore di Sanità, sono vittime del virus: https://www.facebook.com/biotecnologi.italiani/posts/2976395479048768

5) Partendo dai dati che quotidianamente le Aziende Sanitarie Locali (ASL) diffondono abbiamo inoltre stimato il numero di decessi attesi per le settimane 12 e 13 (linea gialla).

Questo non solo ci offre un’immagine molto chiara di come questa epidemia sia assolutamente fuori dall’ordinario e che quanto stiamo facendo per contenerla è davvero un dovere civico (#iorestoacasa – ricordatevelo), ci permette anche di avere un’idea della qualità dei dati che raccogliamo sul Covid-19. Se infatti il dato, stimato partendo dai dati diffusi dalle ASL, sarà superiore a quello registrato dal sistema SiSMG, vorrà dire che il modo in cui raccogliamo oggi i dati sovrastima i decessi PER Coronavirus inserendo anche decessi CON coronavirus. Il che sarebbe un bene. Se invece il numero di decessi, sempre stimato partendo dai dati diffusi dalle ASL, sarà inferiore significa che i morti a causa del virus saranno molti di più di quelli che finiscono nel bollettino, come alcuni, soprattutto nelle aree focolaio stanno ipotizzando. Il che sarebbe un vero dramma. https://www.ecodibergamo.it/…/a-bergamo-decessi-4-volte-ol…/
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NOTA: tra le 19 città che partecipano al SiSMG non rientrano né Bergamo né Lodi né Padova, i focolai dell’epidemia dove si è concentrato nelle prime settimane anche il numero di decessi. Questo ha senza dubbio portato ad un ritardo di almeno 1 settimana, da parte del SiSMG, nell’evidenziare la dimensione del problema generato da Covid-19 (hanno dovuto arrivare in particolare i casi di Brescia e Milano per far muovere la curva).

Avigan e come si approva un nuovo farmaco

In questi giorni si è parlato molto del Favipiravir (meglio noto come: Avigan), un farmaco ad attività antivirale con presunta efficacia contro il SARS-CoV-2. Quello che fa maggiormente discutere, soprattutto i ricercatori, è però la notizia che l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) stia per dare “l’ok alla sperimentazione clinica” (1).
È davvero così? Proviamo a spiegarvi a che punto siamo.

Enti come AIFA, EMA (European Medicines Agency), FDA (Food and Drug Administration) e a livello globale l’OMS (Organizzazione Mondale della Sanità), stabiliscono i requisiti da soddisfare affinché un farmaco, o un vaccino, possano essere approvati e somministrati. Questo serve a garantire la sicurezza e l’efficacia del prodotto.

Proprio perché dimostrare la sicurezza e l’efficacia di un farmaco non è affatto banale, per ottenere la sua approvazione sono necessari numerosi studi e, anche, tempo. Per sintetizzare, bisogna che il prodotto superi con successo una fase pre-clinica (fatta di studi “in vitro” prima e “in vivo” poi, su modelli animali) e una fase clinica, in cui il farmaco viene testato finalmente sull’uomo (vedi immagine).

Questo iter richiede solitamente diversi anni e solo al termine del percorso il produttore può richiedere l’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) per il farmaco.

L’attuale stato di emergenza (globale), autorizza l’attivazione di procedure di urgenza che consentono di snellire le attività burocratiche necessarie, ma NON autorizza però ad abbassare l’attenzione sulla sicurezza e l’efficacia del prodotto, perché si vogliono curare le persone e non mettere a rischio la loro salute inutilmente (qualcuno ricorda STAMINA? No: https://www.youtube.com/watch?v=91d9XB52Y80).

Quindi a che punto siamo con il Favipiravir:?

Le notizie diffuse nei giorni scorsi hanno creato molta confusione sullo stadio autorizzativo a cui si trova il Favipiravir. Andiamo quindi alla fonte e cerchiamo di fare chiarezza. Il Favipiravir, come dichiarato da AIFA in una nota pubblicata il 22 marzo (2), “È un antivirale autorizzato in Giappone dal marzo 2014 per il trattamento di forme di influenza causate da virus influenzali nuovi o riemergenti e il suo utilizzo è limitato ai casi in cui gli altri antivirali sono inefficaci. Il medicinale non è autorizzato né in Europa, né negli USA.”

L’Agenzia sottolinea inoltre “Ad oggi, non esistono studi clinici pubblicati relativi all’efficacia e alla sicurezza del farmaco nel trattamento della malattia da COVID-19”.

Il 23 marzo (3), l’AIFA ha precisato che “La Commissione Tecnico Scientifica, sulla base di preliminari e limitate evidenze di attività del medicinale favipiravir nella malattia COVID-19, è impegnata nella valutazione di un programma di sperimentazione clinica per valutare efficacia e sicurezza di questo trattamento.”

È stata quindi autorizzata la sperimentazione? No.

È stata bocciata? Nemmeno.

È attualmente in fase di valutazione, che vuol dire che l’Agenzia sta studiando i dati a disposizione per verificare la fattibilità della sperimentazione.

Inizierà? Solo se ci saranno dati sufficientemente robusti che indichino che non solo possa avere un ruolo nel curare la #Covid19, ma anche che nel farlo non faccia più male che bene. Se l’intervento riesce, ma il paziente muore è meglio, forse, non intervenire.

“???????? ?????????? ???????????? ?????? ??? ?????????? ?? ????? ??????????? – ?? ?? ????????? ????? ?????? ????? ?? ?????”

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(1) https://tg24.sky.it/…/20…/03/23/coronavirus-avigan-aifa.html
https://www.ilmessaggero.it/…/coronavirus_avigan_sperimenta…
https://www.corriere.it/…/avigan-via-sperimentazione-17ada1…
(2) https://www.aifa.gov.it/…/favipiravir-aggiornamento-della-v…
(3) https://www.aifa.gov.it/-/aifa-precisa-uso-favipiravir-per-…

Approfondimento sulla ricerca clinica: http://www.prometeusmagazine.org/…/come-funziona-la-ricerc…/

Approfondimento sugli studi disponibili sull’Avigan:
https://cattiviscienziati.com/…/…/24/no-agli-youtube-trials/

Ringraziamo il socio Francesco Coppolino per il contributo.

Un commento su alcune affermazioni sul #Coronavirus

Come Associazione Nazionale Biotecnologi Italiani vorremmo commentare alcune affermazioni che si sentono in questi giorni:

??? ??????? ???? ? ???̀ ?????? No. E stanno iniziando a fare esattamente quello che abbiamo fatto noi. Chiudere tutto. https://www.theguardian.com/…/police-vow-to-enforce-coronav…
Legittimo in ogni caso chiedersi se sarebbe comunque sensato un approccio come quello inizialmente lasciato trapelare: tutti liberi tranne gli anziani e i soggetti deboli che devono stare chiusi in casa per almeno 4 mesi. La risposta è: con il SARS-CoV-2 no. Lo spiega bene un’analisi dell’Imperial College di Londra che evidenzia come, con questo virus (vedi figura), l’approccio “ottimale” (linea arancione) sarebbe di combinare l’isolamento domestico dei casi, la quarantena domestica e l’allontanamento sociale degli over 70. Secondo i ricercatori, questo potrebbe ridurre il picco della domanda di assistenza sanitaria di due terzi e ridurre della metà i decessi. Peccato che l’epidemia risultante comporterebbe comunque circa 250.000 decessi e travolgerebbe in ogni caso il sistema sanitario (in particolare le unità di terapia intensiva). ??????? L’unico altro scenario disponibile, cioè provare a sopprimere l’epidemia (cioè quello che stiamo cercando di fare noi combinando misure di distanziamento sociale, isolamento domestico e quarantena familiare, con chiusura delle scuole – linea verde), consentirebbe di non scassare tutto e di salvare decine di migliaia di vite, a patto però che queste misure vengano reintrodotte rapidamente se e quando il numero dei casi dovesse tornare ad aumentare. Ecco, prepariamoci a questo. La Cina ci farà da scuola, questa volta però non è il caso di addormentarci durante la lezione.
https://www.imperial.ac.uk/…/covid19-imperial-researchers-…/

“??????? ???????? ????? ??? ??? ? ??? ?’??????”. La Repubblica ci ha regalato un articolo in cui cerca di mettere sotto accusa Copan Group, un’eccellenza italiana leader mondiale nella produzione di tamponi (oggi usati anche per prelevare i campioni da analizzare per #Covid19). https://www.repubblica.it/…/coronavirus_tamponi_da_brescia…/
Come Associazione Nazionale Biotecnologi vogliamo sottolineare che realtà come Copan, che fanno della qualità e dell’innovazione il loro marchio distintivo, rendono orgoglioso il nostro Paese. Una testata giornalistica, prima di costruire teoremi come questo, dovrebbe avere il dovere morale e deontologico di verificare la correttezza dei dati che riporta. Nella fattispecie l’accusa di aver preferito vendere i suoi tamponi agli USA invece che all’Italia, che ne avrebbe invece disperato bisogno, è priva di qualunque fondamento. Copan infatti ha già venduto all’Italia 1 milione di tamponi (contro i 500.000 venduti agli USA) e di questi ne sono stati usati circa 200.000. Davanti a questi numeri, anche chi non ha una laurea scientifica, è in grado di capire che il problema NON è la disponibilità di tamponi per le analisi, ma piuttosto i laboratori autorizzati a farle.
Il titolo dell’articolo avrebbe dovuto pertanto essere piuttosto: “??’?????????? ???????? ????? ? ?????????? ?? ????? ?? ????? ? ??????? ?? ?????“.
https://www.repubblica.it/…/coronavirus_tamponi_comunicato…/

? “??????” ????? ???? ?????? ? ??? ????????? ??? ?????? Hanno cominciato a circolare interviste e dichiarazioni che vorrebbero imputare l’elevato numero di decessi, registrato nel nostro paese, ad una mutazione del virus. In molti casi, tali dichiarazioni sono state tra l’altro rilasciate da chi inizialmente predicava la sua innocuità, derubricandolo a una banale influenza. Vogliamo sottolineare che COSI’ COME ALLORA anche ORA tali affermazioni non trovano alcun riscontro nei dati disponibili. Come già detto, tali affermazioni risultano particolarmente gravi se rilasciate da ricercatori. Il loro compito è infatti quello di produrre prima i dati e poi eventualmente commentarli, non viceversa.

Vi ricordiamo che è importante scegliere le fonti informative corrette.

Il punto sul Coronavirus in Italia

(The English and other versions can be found below)

Poiché da diverse parti, alcune anche con ruoli scientifici di rilievo, si continua a sostenere che la Covid-19 sia del tutto paragonabile a una sindrome influenzale, come Associazione Nazionale Biotecnologi, riteniamo doveroso sottolineare nuovamente che così NON è.

Se si analizzano ad esempio gli ultimi dati completi disponibili per l’influenza (2018-2019) si può osservare si sono registrati ben 812 casi gravi, che hanno richiesto il ricovero in terapia intensiva, e 205 decessi (per i tecnici i dati sono riferiti a J10-11). Questo bilancio però riguarda tutte e 33 le settimane interessate dalla malattia, con un picco di casi la 5° settimana dell’anno, in cui si sono registrati 93 ricoveri in terapia intensiva e 23 decessi. Quanto invece stiamo registrando per il coronavirus racconta una storia completamente diversa. Nella settimana 10 del 2020 si sono infatti registrati 351 casi che hanno richiesto la terapia intensiva e 131 decessi. Vale la pena di sottolineare: in soli 7 giorni. Quello perché si ha un raddoppio dei casi gravi, che richiedono la terapia intensiva, ogni 2,5 giorni, segno che la malattia sta diffondendosi molto rapidamente. La settimana 11 ha contato 1672 casi in terapia intensiva e 1661 decessi.

Questo significa:

  1. che il SARS-CoV-2 mette molto più sotto stress il sistema sanitario rispetto all’influenza sia perché la percentuale di pazienti che necessita cure intensive è più alto, sia perché le necessita per tempi prolungati.
  2. che il numero di casi sta crescendo ANCORA troppo rapidamente e che questo mette realmente a rischio la tenuta del sistema, che si sta saturando velocemente (non solo in termini di posti letto e macchinari, ma soprattutto sul fronte del personale medico-sanitario).

Cosa dobbiamo fare?

Semplice: solo 2 cose:

  1. smettere di condividere e diffondere informazioni non verificate, che minimizzino o che generino panico ingiustificato, e affidarsi a fonti tecniche credibili.
  2. fare ciascuno la propria parte per evitare di aiutare la diffusione del virus: seguendo le indicazioni che arrivano dalle Istituzioni e lavorando tutti assieme per abbassare l’onda che ci sta già colpendo. Solo in questo modo riusciremo a spalmare i casi che necessitano di cure intensive su di un arco di tempo più lungo, alleggerendo così la pressione sul SSN, facendogli guadagnare il tempo necessario ad innalzare la linea rossa, per tenerci tutti al sicuro.  

La domanda che in molti si stanno facendo in questi giorni è: ma se #iorestoacasa serve a qualcosa? La risposta è SI. Cerchiamo di spiegarvi il perché mostrandovi la storia di 2 città lombarde: Lodi e Bergamo.

Lodi, al primo emergere del focolaio, è stata subito messa sotto osservazione, isolati i comuni più colpiti e limitate anche le attività all’interno della provincia (24 febbraio). Da allora si osserva che i casi crescono in modo lineare. Bergamo è invece stata “lasciata libera” fino al 9 marzo, quando è entrato in vigore il DPCM dell’8 marzo che ha trasformato l’intera Lombardia in zona rossa. In questa città si è assistito ad un aumento esponenziale dei casi, andamento che ha cominciato a modificarsi SOLO dopo 1 settimana dall’entrata in vigore delle norme restrittive.

Quindi? Restate a casa perché funziona ed è la cosa migliore che possiate fare: per voi stessi, per i vostri cari, per il sistema sanitario, per la ricerca.

Qui trovate tutti i riferimenti normativi citati: http://www.governo.it/it/approfondimento/coronavirus/13968

English version

The Italian Association of Biotechnologists wants to make clear that Covid-19 is not like a flu. To make this even more clear we have compared the available data on flu (season 2018-2019) available here with the Coronavirus data collected until March 15th 2020.

In the season 2018-2019, flu was responsible of 812 cases that required Intensive Care Unit (ICU) hospitalization and 205 deaths in a span of 33 weeks (8th October 2018 – 20th May 2019). The peak of ICUs was in week 4 (2019) with 93 cases and the peak of deaths in week 5 (29 deaths).

The data available for SARS-CoV-2 in Italy are on a completely different scale. The epidemic stated in week 9 of 2020, and the week after (10) registered 351 cases in ICUs and 131 deaths. This week (11) there are already 1672 cases in ICUs and 1661 deaths, and the situation is getting critical for the health system of many Italian regions.

The main issue is that for a large number of cases (up to 10%) there is the need for an Intensive Care Unit (ICU) hospitalization, also for young people, and the therapy requires up to 2-3 weeks before passing the critical phase. This requires a tremendous effort by the health system to guarantee adequate care to all in need, and for such a long time, draining resources also for those with other pathologies.
It is true that most of the deaths are elderly people, but only because the elderly often bear other chronic illnesses and do not tolerate invasive treatments well, but the hospitalization does not spare any age.

So, get ready, assist your country to correctly inform its people and help them to respect the rules to stop the contagion. Do it for yourself, for the people you care, for your fellow citizens, especially the weakest.

Thanks.

The question many are asking these days is: if #istayathome is useful? The answer is yes.

Here is the story of 2 Italian cities: Lodi and Bergamo. Lodi, at the first emergence of the outbreak, was immediately lockdown (February 24). Since then the cases have grown linearly. Bergamo was “left free” until March 9. An exponential increase in cases has been observed up to a week after the entry into force of the lockdown.

And so? #istayhome.
Why? Because it works and it is the best thing you can do for yourself, for your loved ones, for the health system, for research.

Other versions

#jeresteàlamaison Est-ce que ça sert a quelque chose ? OUI

La question que beaucoup se posent ces jours-ci est : #iorestoacasa (#jeresteàlamaison) Est-ce que ça sert a quelque chose ? La réponse est OUI. Je vais essayer d’expliquer pourquoi, en vous montrant l’histoire de 2 villes de la Lombardie : Lodi et Bergame. A Lodi, où immédiatement et dès l’apparition de l’épidémie : (1) la ville a été mise sous observation, (2) les communes les plus touchées ont été isolées, et (3) les activités au sein de la province ont été limitées (24 février), on peut observer que les cas ont augmenté de façon linéaire.

Bergame a été “laissée libre” jusqu’au 9 mars, date à laquelle le décret ministériel du Conseil des ministres du 8 mars est entré en vigueur (Decreto ministeriale Consiglio dei Ministri – DPCM), transformant l’ensemble de la Lombardie en zone rouge.

 À Bergame, l’augmentation du nombre de cas a été exponentielle, une tendance qui n’a commencé à changer QUE 1 semaine après l’entrée en vigueur des règles restrictives. Alors ? Alors #restezàlamaison #restateacasa  

Parce que ? Parce que cela fonctionne et c’est la meilleure chose que vous puissiez faire pour vous-même, pour vos proches, pour le système de santé, pour la recherche.

Est-ce clair ?

Vous pouvez retrouver toutes les références réglementaires mentionnées : https://lnkd.in/esrfDys  

Aidez-nous à diffuser le message.

#mequedoencasa ¿sirve para algo? SI

La pregunta que muchos se hacen en estos días es: #iorestoacasa (#mequedoencasa) ¿sirve para algo? La respuesta es SÍ. Intentaré explicar por qué, mostrándoles la historia de 2 ciudades en Lombardía: Lodi y Bérgamo.

En Lodi, donde inmediatamente y tan pronto como apareció el brote: (1) la ciudad quedó bajo observación, (2) los municipios más afectados fueron aislados y (3) se limitaron las actividades dentro de la provincia (24 de febrero), podemos observar que los casos crecieron linealmente.

La ciudad de Bérgamo fue “dejada en libertad” hasta el 9 de marzo, cuando entró en vigor el decreto ministerial del Consejo de Ministros del 8 de marzo (Decreto ministeriale Consiglio dei Ministri – DPCM), transformando a toda Lombardía en una zona roja. En Bérgamo, el aumento de casos fue exponencial, una tendencia que comenzó a cambiar SOLO 1 semana después de que las reglas restrictivas entraron en vigor.

¿Entonces? Entonces #quédeseencasa #restateacasa

 ¿Por qué? Porque funciona y es lo mejor que puede hacer por usted mismo, por sus seres queridos, por el sistema de atención médica, por la investigación.

¿Está esto claro?

Puede encontrar todas las referencias regulatorias mencionadas en: https://lnkd.in/esrfDys

Ayúdenos a difundir el mensaje.

#istayathome works? YES

The question many are asking these days is: if #istayathome is useful?

The answer is yes.

Here is the story of 2 Italian cities: Lodi and Bergamo.

Lodi, at the first emergence of the outbreak, was immediately lockdown (February 24). Since then the cases have grown linearly.

Bergamo was “left free” until March 9. An exponential increase in cases has been observed up to a week after the entry into force of the lockdown.

And so? #istayhome.
Why? Because it works and it is the best thing you can do for yourself, for your loved ones, for the health system, for research. Is that clear enough now?