Se siete stati diagnosticati positivi al #coronavirus oggi, qual è la probabilità che tra 15 giorni siate morti?

In Italia, oggi, circa il 3%.

Da dove viene questo numero? Cosa di dice? Vediamolo assieme.

Spesso si tende a confrontare il numero di casi positivi con i decessi dello stesso giorno. Questo in realtà non è corretto. I decessi di un dato giorno, stando ai dati dell’ISS (vedi ad esempio figura 18 qui: https://www.epicentro.iss.it/…/Bollettino-sorveglianza…) vengono da casi identificati come positivi, in media, 15 giorni prima.

Quindi, se vogliamo sapere quanto ci costa realmente, in termini di vite umane (in %), la convivenza con il virus dovremmo confrontare i decessi di oggi con i casi di 2 settimane fa e, se proprio, applicare quella percentuale al numero di casi di oggi per prevedere quanti decessi attenderci tra 15 giorni.

Quant’è questo numero per l’Italia oggi?

Il 3%, calcolato sulla media a 7 giorni per eliminare le oscillazioni giornaliere.Il dato però non va preso così, bisogna, come sempre, cercare di capirlo perché può essere “sporcato da vari fattori”. Ecco alcune riflessioni per aiutarne la lettura:

  • E’ il 3% anche negli altri Paesi? No. Negli altri Paesi è tra l’1 e il 2%. Per cui quando vediamo i numeri degli altri paesi dobbiamo sapere che, in proporzione, valgono di meno. Più casi, da loro, corrispondono a meno decessi.

Perché? Questa è una bella domanda. A cui possono esistere varie risposte. Diciamo che tra le ipotesi più probabili abbiamo da un lato un aumento della popolazione anziana (più a rischio) colpita (l’età media da settembre ad oggi è costante, ma è aumentata sia la frazione di over 70 che di under 18), dall’altro un peggioramento della qualità nel tracciamento dei casi, causato da un sovraccarico del sistema che in tutta italia conta solo 9.000 operatori. Di sicuro, da inizio ottobre, quando eravamo nel mazzo con gli altri Paesi, è cambiato qualcosa che ci ha portato a un livello di letalità (attenzione, non mortalità!) doppia rispetto agli altri.

  • Moriremo tutti? Ovviamente no. Sappiamo che la letalità registrata varia molto in base all’età e questo non cambia. Se siete giovani e in salute restate MENO a rischio, ricordatevi però che NON siete SENZA rischio. Se siete asintomatici o senza sintomi importanti (e non avete aggravamenti) il vostro rischio resta zero.
  • Convivenza con il virus? Questa seconda ondata ci dice che è molto difficile isolare le persone appartenenti alle fasce a rischio. Ad esempio la popolazione anziana, a differenza che nella prima ondata, ora sa perfettamente di essere più a rischio e sta già adottando tutti i comportamenti necessari a ridurre la sua esposizione. Eppure la fascia di anziani contagiati è in continuo aumento da settimane (più o meno dalla fine delle vacanze).

E quindi?Un compito e un invito.

Questo 3% è un dato estremamente esplicito e, per certi versi, allarmante dato che ci pone fuori scala rispetto agli altri Paesi, ma assolutamente poco chiaro nelle sue cause. Invitiamo tutti coloro che ne hanno le competenze ad aiutarci a leggerlo correttamente, ad evidenziare cosa vi stia dietro e anche eventuali fattori confondenti e bias.

Non sottovalutiamo (MAI) quanto sta accadendo. Non ha senso ora speculare su fantomatiche immunità di gregge, compiacerci per il fatto che le terapie intensive non siano (ancora) piene (sì, qualcuno l’ha fatto), o arrovellarci se il virus sia o meno uscito da qualche laboratorio segreto cinese: ora dobbiamo stare sul pezzo. Il SSN sta entrando in una fase critica che vedrà, nei prossimi giorni, spostarsi lo stress che stanno sperimentando i pronto soccorsi alle terapie intensive. Tutto il resto è noia.Si ringrazia in particolare Enrico Bucci per il supporto nella peer review del dato.

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