Non è che questo vaccino è arrivato un po’ troppo presto?
In molti si chiedono come sia stato possibile fare una cosa, che generalmente richiede 10-20 anni, in meno di 1 senza che sotto sotto non ci sia una grossa fregatura.In realtà, in questo caso, la risposta è molto semplice: quando scienza e società lavorano insieme con un obiettivo comune chiaro e condiviso, si possono compiere miracoli (scientifici) come questo. Dovrebbe sempre essere così. Sta a noi fare in modo che lo sia!
Ma vediamo qualche dettaglio in più sul perché e come sia stato possibile “fare il miracolo”.
(1) Ce lo aspettavamo. Molto prima della crisi della #Covid19, c’era la consapevolezza che una pandemia di qualche tipo prima o poi sarebbe arrivata. Proprio per questo, ad esempio, nel 2017 è stata lanciata la Coalition Epidemic Prepardness Innovations, CEPI. Inoltre, diverse aziende e istituzioni accademiche, tra cui BioNTech, Moderna e l’Università di Oxford, stavano già sviluppando e testando da diversi anni nuove tecnologie per realizzare vaccini in tempi rapidi e a costi contenuti partendo dalle informazioni genetiche del patogeno. Questo ha fatto risparmiare molto tempo.
(2) Abbiamo subito identificato il virus. Il 31 dicembre 2019 Wuhan ha comunicato l’epidemia in atto. Il 10 gennaio era già disponibile la prima sequenza (dell’RNA) del virus. Questo, unito alle nuove tecnologie (vedi punto 1), ha consentito di iniziare a lavorare ad un vaccino già 10 giorni dopo l’allarme epidemico. Di solito questa fase preliminare invece dura (moooolti) anni.
(3) Soldi, soldi, soldi. Sviluppare un vaccino richiede soldi. Tanti soldi… e tempo per raccoglierli. Qui sono arrivati tutti e subito. Dai Governi e dalle varie organizzazioni filantropiche e umanitarie.
(4) Abbiamo usato il saltacoda. La stesura dei protocolli di sperimentazione e l’ottenimento delle approvazioni necessarie per realizzarli richiedono tempi molto lunghi, perché ci si mette in coda alle (molte) altre richieste. Tutti i progetti per lo sviluppo di vaccini contro la COVID-19 hanno però usato il saltacoda e i comitati etici e le autorità di regolamentazione hanno valutato subito la documentazione con la massima priorità. Rispondendo alle richieste anche entro 24 ore. Tutti hanno raddoppiato i loro sforzi per mettere questi studi al primo posto.
(5) Le sperimentazioni sono iniziate immediatamente. Anche i centri che si occupano di sperimentazione clinica si sono subito offerti (hanno fatto a gara!) per avviare la sperimentazione del vaccino e si è così partiti immediatamente.
(6) Digitalizzazione dei dati. Per paura di errori, storicamente i dati venivano raccolti in modo cartaceo e solo poi digitalizzati, con conseguenti tempi lunghi anche solo per disporre di dati facilmente utilizzabili.Negli ultimi 3-5 anni però anche la ricerca clinica si è finalmente digitalizzata, oggi raccoglie i dati direttamente attraverso sistemi digitali che limitano gli errori e le omissioni al minimo, e allo stesso tempo rendendo le informazioni immediatamente disponibili per l’analisi, anche in tempo reale.
(7) Volontari come non ci fosse un domani. C’è stato un enorme sostegno e coinvolgimento pubblico per questi studi. Molte persone si sono sentite in dovere di dare una mano e hanno fatto un passo avanti. In genere, le sperimentazioni sui vaccini richiedono mesi per il solo reclutamento. Qui, in poche ore, abbiamo raccolto decine di migliaia di volontari.
(8) Il virus ha fornito i malati. Brutto a dirsi, ma per vedere se un vaccino funziona ci devono essere malati. Solo così si può vedere se chi ha ricevuto il vaccino si ammala meno di chi ha ricevuto il placebo. L’arrivo della seconda ondata ha consentito a questi studi di produrre rapidamente risultati.
(9) Hanno funzionato alla grande! In una pandemia ogni vaccino è buono, anche quello che aiuta a prevenire anche solo una piccola parte dei casi gravi. Solo che se ne hai uno mediocre, per capire se funziona davvero (e non è solo rumore di fondo quello che vedi) hai bisogno di tanti casi (e quindi tanto tempo). Qui però hanno funzionato molto bene e anche già con i primi casi di malattia si è visto che erano efficaci.
(10) Sperimentazione e autorizzazione sono andate di pari passo. Normalmente tutti i risultati e i dati vengono raccolti, una volta terminato lo studio, in un dossier e mandati alle agenzie regolatorie, in un processo che richiede mesi per il dossier, seguito da mesi per la sua valutazione. In questo caso il processo è stato rivoluzionato utilizzando una “revisione progressiva”. I dati sono stati forniti alle agenzie regolatorie in tempo praticamente reale, per essere riesaminati già mentre gli studi erano ancora in corso. Quando sono arrivati i risultati finali, le agenzie regolatorie avevano già valutato tutto il resto e hanno potuto concentrarsi solo sulla loro analisi. L’intero processo ha richiesto mesi, ma l’ultimo passaggio solo pochi giorni. Le aziende inoltre si sono assunte il rischio di produrre il vaccino prima di ricevere l’autorizzazione. Questo ha permesso di avere le prime dosi disponibili già dal giorno dopo la loro autorizzazione. Se il loro vaccino avesse fallito, avrebbero dovuto buttare tutto.
Non dimentichiamoci poi che la ricerca su di un farmaco non si conclude con la fase III, ma prosegue con la fase IV, la farmacovigilanza. Si continueranno a monitorare i risultati e gli effetti avversi dei vaccini e si aggiusterà sempre più il tiro per migliorarne l’efficacia e minimizzarne gli effetti avversi.
Quindi non siamo andati troppo veloce, siamo piuttosto stati molto bravi a creare una sinergia scienza-società che ci ha permesso di sfruttare al meglio le nostre conoscenze scientifiche, e quanto la situazione ci metteva a disposizione, per arrivare a una risposta efficace contro #SARSCoV2 nel minor tempo possibile.
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